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Immagine del redattoreFrancesca Roi

LA NASCITA E LO SVILUPPO DELLE ARTI TERAPIE ESPRESSIVE


Daria Halprin

In questo articolo, prendendo spunto dal testo “The Expressive Body in Life, Art and Movement, Working with Movement, Mataphore and Meaning” di Daria Halprin, (Jessica Kingsley 2008, London and Philadelphia, cap. VI, pagg. 76-81), tradotto ed editato insieme a Nicola Sensale, direttore dell'istituto di formazione Res presso cui mi sono diplomata, intendo delineare la nascita e lo sviluppo delle Arti Terapie Espressive all’interno del contesto socio-culturale dell’epoca, ponendo particolare attenzione al lavoro dell’Ideatore del metodo  Paolo Knill (1932 Neuhausen, Svizzera - 2020 Sciaffusa, Svizzera. Fisico, musicista e terapeuta artistico).

 

Secondo Halprin, possiamo collocare la nascita e lo sviluppo delle Arti Terapie Espressive all’interno di quel grande movimento che sorge intorno alla metà degli anni '70 del XX secolo che è detto postmodernismo [il quale sancisce la crisi dei grandi ideali che hanno segnato l’epoca moderna del mondo occidentale]. 

 

Le Arti Terapie Espressive, continua la Halprin, si fanno strada, in questo variegato panorama culturale, come un campo decisamente nuovo, che affonda le sue radici nella psicologia fenomenologica [il cui filosofo di riferimento è Edmund Husserl, 1859-1938] e che riunisce sotto un’unica cornice le sperimentazioni, le innovazioni e le pratiche artistiche postmoderne sia europee che americane. 

 

Ben lontane dall’essere un semplice riadattamento di teorie precedenti, o un guazzabuglio di svariate pratiche artistiche, le Arti Terapie Espressive hanno il merito di aver saputo portare nella contemporaneità le tradizionali pratiche di guarigione basate sull’uso delle arti [ad esempio sistemi tradizionali di guarigione come lo sciamanesimo (McNiff 1981)].

 

Il punto di vista che esse propongono, sostiene dunque Daria Halprin,  è decisamente innovativo e combina arte  e potenzialità personali:  poiché il fare artistico dialoga con i processi della mente, il corpo diventa allora uno degli strumenti primari e facilitanti sia di espressione che di apprendimento. 

 

Avvalendosi di un approccio cosiddetto intermodale, ossia che utilizza in maniera combinata due o più mediatori artistici  ad es. danza e pittura, le Arti Terapie Espressive vedono nella relazione fra l’immaginazione e le capacità espressive la chiave di volta per far emergere nell’individuo una maggiore consapevolezza, un maggiore contatto con le proprie risorse creative e quegli stimoli necessari ad avviare un processo di cambiamento.


Paolo Knill e Margo Fuchs

Alla luce della stretta correlazione tra processo artistico e processo psichico, dice ancora la Halprin, le Arti Terapie Espressive permettono dunque di affrontare con modalità innovative concetti quali “disturbo mentale”, “intuizione” e “salute” e, aggiungiamo noi qui, offrono anche la possibilità di individuare quale sia lo strumento (tamburo, poesia, acquerello..) più favorevole per l'utilizzatore ai fini della cura

 

La Halprin passa quindi a fornire qualche data in merito alla nascita dei primi percorsi di studio mirati al campo.

 

Dice infatti che è del 1974 la creazione del primo Dipartimento di Studi In Arti Terapie Espressive presso il Lesley College a Cambridge, Massachusetts, ad opera di Shaun Mcniff (1946) e Paolo Knill  (Knill, Barba and Fuchs 1995; in Levine and Levine 1999). 

 

Contemporaneamente in California, presso il Tamalpa Institute della San Francisco Bay Area, lei stessa sviluppava e insegnava una tecnica di approccio al movimento basata sulle arti terapie espressive (Halprin 1989, 1999). 

E’ degli anni ’90 lo sviluppo del secondo programma universitario in arti terapie espressive, a cura di Jack S. Weller, presso il CIIS (Californian Insitute of Integral Studies, luogo in cui si è stabilita la sede dell’Associazione Internazionale delle Arti Terapie Espressive (I.E.A.T.A).

 

In questo processo di sviluppo, codifica e riconoscimento delle Arti Terapie Espressive su base accademica, Daria Halprin colloca la figura di Paolo Knill come fondamentale e determinante. 

 

La sua formazione scientifica, studia Aereodinamica e Meccanica Strutturale presso lo Swiss Federal Institute of Technology a Zurigo, viaggia di pari passo con quella artistica [studia Musicologia dal 1953 al 1958 presso l’Università di Zurigo]


Inoltre Knill, ci fa ancora sapere la Halprin, è anche un membro del movimento artistico delle avanguardie ed è proprio questa sua formazione multidisciplinare e variegata, sostiene lei, a ragione, a rendere il suo approccio artistico, terapeutico ed educativo un unicum per gli standard dell’epoca. 


Egli ritiene infatti che "processo artistico e prodotto artistico vadano intesi già come fattori di cambiamento, in un’ottica in cui l’arte è al centro di ogni considerazione filosofico-teorica, nonché di ogni pratica espressiva1”


Importante dunque l’intuizione di Knill, che fa risiedere non solo nel prodotto artistico, ma anche nel processo stesso del fare arte, la chiave della trasformazione personale.

 

La Halprin scende poi nello specifico del metodo di Knill e si addentra nell’analisi del concetto di nuova poliestetica applicata all’approccio intermodale che Knill ha sviluppato negli anni ‘50, osservando e ampliando il lavoro di Wolfgang Roscher2: un esempio significativo, nonché centrale per comprendere il pensiero di Knill, prosegue Daria Halprin, è la sua teoria della cristallizzazione, che concerne il modo in cui un mediatore artistico può facilitare l’emersione di materiale psichico attraverso una forma dotata di chiarezza ottimale, precisione di sensazione e di pensiero3. 

 

Le parole di Knill rendono bene a mio parere la potenza “condensatrice” dei diversi mediatori artistici che al termine del processo creativo regalano al cliente una forma artistica emergente (una danza, una scena teatrale, un racconto, un disegno, una filastrocca) sulla quale egli potrà (se lo vorrà) ragionare nei termini di corrispondenza con il proprio sé.


Ritornando al concetto di poliestetica, Halprin spiega che Knill propone un modello che presenta ogni mediatore artistico come dotato di un linguaggio proprio, che facilita il processo di cristallizzazione in una forma ,che sarà diversa a seconda del canale utilizzato. 

Il transfer intermodale, termine coniato dallo stesso Knill, dice Halprin, è lo shift da un canale artistico all’altro, al fine di potenziare in termini di chiarezza emozionale e di varietà di immagini il risultato del processo creativo


Illuminanti per comprendere le potenzialità del transfer intermodale sono a mio avviso le parole di Natalie Rogers.

 Nel suo articolo “Il sentiero verso la pienezza - Arti Terapie Espressive centrate sulla persona”, Rogers utilizza il termine connessione creativa indicando con esso la potenza accrescitiva che si manifesta quando più canali artistici sono in dialogo fra di loro. 

Le sue parole sono chiare: Il muoversi con consapevolezza, apre a sentimenti che possono essere espressi con il colore; quando si scrive subito dopo il movimento o l’arte, si dà luogo a poesia. 


Un ritmo può dunque tradursi in segno grafico, una poesia può diventare una scenetta teatrale, un mandala può essere danzato. Queste connessioni stimolano l’auto-esplorazione ed è come se permettessimo, dice Natalie Rogers,  gentilmente a noi stessi di risvegliarci a nuove possibilità.


Halprin utilizza le parole dello stesso Knill quando dice che il transfer intermodale facilita il processo di cristallizzazione poiché permette lo sviluppo e la significazione del materiale psichico (attraverso immagini, sensazioni, vissuti emozionali). 


Unitamente a questo, per Knill il processo artistico è una forma di decentramento utile a visualizzare le proprie esperienze personali sotto una nuova luce e al fine di generare risposte e soluzioni nuoveEgli, continua la Halprin, utilizza la frase an alternative experience of worldingper descrivere il processo che è alla base delle arti terapie. Per Knill questa frase contiene al suo interno l’essenza del processo attraverso il quale le arti espandono la gamma dei ruoli che possiamo giocare nella nostra vita e le nostre possibilità di reazione nei momenti di difficoltà.


Daria Halprin passa quindi ad analizzare il contributo anche pratico che Knill ha offerto alle Arti Terapie Espressive, e racconta che genio visionario e impegnato sostenitore della crescita di questo nuovo campo, nei termini di evoluzione del metodo e di collaborazione fra operatori, Knill ha promosso la fondazione di una rete di istituti per l’insegnamento delle Arti Terapie Espressive in tutto il mondo


I primi simposi si tennero in Europa e nel Nord America e offrirono agli studenti la possibilità di prendere parte a masterclass e a festival nei quali si esploravano le diversità di approcci applicabili nel campo delle Arti Terapie Espressive. 


Con la fondazione della European Graduate School (in Svizzera) nel 1995, Knill mise a punto la creazione di un campus internazionale, luogo di incontro e di ritrovo per insegnanti e studenti provenienti dalle scuole affiliate di tutto il mondo.


European Graduate School

Nelle ultime righe di questo articolo Halprin si sofferma sulle applicazioni pratiche delle Arti Terapie Espressive che, in effetti sono molteplici e coprono una vasta gamma di setting fra i quali la terapia individuale, i whorkshop, le lezioni, le conduzioni di gruppo e i laboratori artistici all’interno di strutture pubbliche (scuole, ospedali) o private (cliniche, enti, associazioni, aziende), ovunque serva favorire la creatività, la collaborazione di gruppo, la comunicazione interpersonale e le capacità di problem solving. 


Lo stile di conduzione e la specializzazione del singolo terapeuta, insegnante o facilitatore, continua la Halprin, varia enormemente, così come è varia l’utenza potenzialmente raggiungibile: da 0 a 90 anni, passando attraverso gli adolescenti e gli adulti. Ogni operatore ha competenze specifiche maggiori in una delle arti, nonostante sia in grado di padroneggiarne molte contemporaneamente. Per esempio alcuni operatori prediligeranno utilizzare il canale della musica, altri la poesia, il teatro, la pittura oppure la danza/movimento.


La frase conclusiva palesa quanto le Arti Terapie siano momento e situazione specifiche dunque mutevoli e malleabili a secondo delle esigenze personali, di contesto, di approccio. 


Halprin infatti dice che ben lungi dall’essere un sistema chiuso e immutabile, il campo delle Arti Terapie Espressive continua ad evolvere e a maturare per sua stessa natura, grazie al costante scambio fra gli operatori del settore, il quale permette di continuare a rispondere in maniera adeguata alle esigenze di una società che è essa stessa in cambiamento.


Al termine di questa breve panoramica sulle Arti Terapie Espressive, personalmente desidero aggiungere che al metodo mi sono accostata di persona e ho potuto riscontrare sia da partecipante che da praticante (nei vari tirocini), l’efficacia della teoria enunciata; nella fattispecie, ho osservato a più riprese la potenza dell’intermodalità, caratteristica che rende i mediatori artistici come degli ingredienti da mescolare in maniera sapiente durante la preparazione del piatto (vale  a dire durante il processo creativo). 

 

Il risultato, ossia  il prodotto del processo creativo che cristallizza in una forma, non è la semplice somma algebrica degli ingredienti utilizzati, ma è molto di più, è sinergia. 

 

È materiale psichico che acquisisce contorni definiti, che acquista luce e chiarezza emozionale e che può diventare rivelazione. 

 

 

 

1. Questa e le successive aggiunte tra parentesi quadre sono annotazioni del traduttore

 

2. Le principali teorie di Knill sono contenute nel suo libro Minstrels of Soul: Intermodal Expressive Therapy (Knill, Barba and Fuchs, 1995) e in numerosi articoli da lui pubblicati nel Poiesis Journal.

 

3. Musicista ed educatore, W. Roscher fu grande mentore e ispiratore per il lavoro di Knill. E’ suo il concetto di poliestetica, e con esso egli intendeva che tutte le discipline artistiche dialogano con le modalità espressive e di comunicazione nella percezione e nella produzione di arte. Knill fa sua questa teoria aggiungendo il concetto di transfer intermodale, per il quale ogni canale artistico può essere stimolato a sua volta da un altro canale, in un circolo virtuoso benefico che produce un flusso creativo molto fluido e istintivo. Su questo si veda J.A. Rubin, Approaches to Art Therapy: Theory and Technique, 1987.

 

4. Le parole sono quelle dello stesso Knill in Minstrels of Soul: Intermodal Expressive Therapy (Knill, Barba and Fuchs, 1995), p. 30

 

5.Il costrutto è difficilmente traducibile in italiano, significa molte cose tipo “essere nel proprio mondo, vedere le fate” etc..Per Knill è da intendersi qualcosa come “avere esperienza del mondo in maniera non lineare ma poetica e creativa”. Questo permette un maggiore reperimento di soluzioni creative in caso di difficoltà. [N.d.T]

6. N. Sensale (2019).

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